"Datemi qualsiasi cosa a motore e io ve la porterò al limite" Gilles Villenueve

sabato 15 ottobre 2011

Il ministro "inglese" della guerra

Lo ammetto, non ho un inglese fluente, ma qui la situazione è disastrosa.
Poteva tranquillamente impararsi il discorso a memoria o farselo scrivere e poi leggerlo.
Il problema di fondo è la sfacciataggine con cui gestisce la situazione. 




Mountain Bike ad Oriolo Romano

Per chi può! 
Il giro è molto interessante sia dal punto di vista del percorso che dal punto di vista paesaggistico. 


venerdì 14 ottobre 2011

A Don Andrea Gallo

"La passione per l’uomo, per la vita e per l’accoglienza dell’altro si coniugano in questo specialissimo uomo di fede con un folgorante humor che dissipa ogni esemplarità predicatoria per aprire la porta del dialogo fra pari a chiunque voglia entrare, cristiano o musulmano, ebreo o buddhista, credente o ateo. In don Gallo si compie il miracolo dell’ubiquità: lui è radicalmente cristiano e anche irriducibilmente cattolico, ma potrebbe anche essere uno tzaddik chassidico, così come è un militante antifascista e un laicissimo libero pensatore. Per me il Gallo è un fratello, un amico, una guida certa, un imprescindibile e costante riferimento. Per me personalmente, la speranza tiene fra le labbra un immancabile sigaro e ha il volto scanzonato di questo prete ribelle."

Dalla prefazione di Moni Ovadia all'ultimo libro di Don Andrea Gallo: "“Se non ora, adesso. Le donne, i giovani e la rivoluzione sessuale”


mercoledì 12 ottobre 2011

Zaino in spalla


Oggi molti ragazzi che incontro a Roma sui mezzi o in giro per le strade portano invece di uno zaino sulle spalle, un fantastico trolley: dai bambini delle medie e delle elementari fino a quelli delle superiori che spesso non portano più nulla oltre alla borsetta di Alviero Martini. 
Tanto a che servono i libri di testo.
I ragazzi sembrano dei piccoli manager che girano il mondo con il loro piccolo trolley sempre a far da appendice.
Spesso l’esigenza di comprare un trolley è più sentita dai genitori che dai figli: paura che il peso dello zaino possa far male alla schiena dei propri figli.  
Ma soprattutto lo scelgono per la comodità di portare un trolley con le rotelle.
Sempre più persone utilizzano il trolley per i loro spostamenti, per le loro giornate di lavoro.

Bene credo che questa idea del trolley sia una piccola spia di come parte di questa società si muove e agisce nel proprio ambiente di vita. Credo che molte persone non sono più capaci di portare il loro zaino sulle spalle e che preferiscano trascinare il peso della loro giornata.
Portare una zaino sulle spalle ha un significato profondo (tanto che anche nello scoutismo si utilizza questa frase per riconoscersi in un modo di vedere il mondo): significa prendersi carico di ciò di cui abbiamo bisogno, significa sapere cosa è essenziale per la nostra giornata, saper cosa portare e non. 

Con un trolley tutto diventa più semplice: quasi nessuno sforzo per trasportarlo e soprattutto possibilità di averne di sempre più grandi, tanto hanno le rotelle e non pesano, mica stanno sulle spalle.

Mio nonno, voleva sempre portare il mio zaino quando uscivo da scuola, ho sempre rifiutato.



Industria automobilistica italiana parte 2


 L’opinione di un appassionato qualunque.

Voglio condividere con voi due idee o per meglio dire lo sfogo di due appassionati di auto che ho 
trovato sul web. Sono i commenti a un video che vi inserisco qui di seguito.


Il video per chi è a digiuno del mondo dei rally riguarda un insieme di spezzoni registrati durante varie gare che hanno come soggetto la Lancia Delta S4 appartenente al famoso Gruppo B. Il gruppo B era il gruppo di auto da rally più sviluppate e tecnologicamente avanzate. Dico era poiché il gruppo B chiuse solo pochi anni dopo essere stato aperto (1982 – 1986).

Ecco lo screenshot dei due commenti che ho selezionato.







Al di là del come è detto, entrambi i commenti sono da me condivisi.
In quel tempo la Lancia investiva molte risorse in sviluppo, innovazione e tecnologia. Insieme alla Abarth diede vita a ottime auto da rally. Auto che hanno fatto la storia dei rally.
La Lancia fu negli anni successivi al 1986 sul tetto del mondo dei rally per 6 volte consecutive con l’erede della Lancia Delta S4, la più piccola e meno potente Lancia Delta. (Più piccola e meno potente perché ciò fu imposto dai regolamenti per le gare di Campionato del Mondo di Rally - WRC).
Il marchio Lancia in quegli anni raggiunse l’apice della sua fama mondiale come auto da competizione ma soprattutto nel settore auto per il mercato stradale. Vennero creati modelli che competevano senza problemi con le auto tedesche e francesi e che molto spesso erano migliori sotto il punto di vista motoristico e dell’affidabilità. Basti pensare che la Lancia Delta S4, costruita poi in versione stradale veniva definita “laboratorio tecnologico viaggiante” per le grande innovazioni che portava in campo automobilistico.
Erano gli anni in cui la Lancia investiva molto nel Reparto Corse, dove venivano sviluppate le tecnologie per le macchine da gara che poi, se avevano riscontri positivi, venivano utilizzate per le versioni stradali. Insomma si investiva in ricerca e sviluppo; erano i tempi in cui innovare i modelli era un imperativo.

Il sogno di una ragazzo di 25/30 anni negli anni ’80 e nei primi anni novanta era avere una Lancia Delta. Ora il sogno dei ragazzi della mia età è una Mini o una Bmw o al massimo un Alfa (per non parlare solo male dell’industria automobilistica italiana).

Ora il Reparto Corse è stato chiuso, anzi sono quasi venti anni che è stato chiuso e i risultati si vedono. La macchina più sportiva che hanno creato è la Lancia Y o, se proprio vogliamo mettere il dito nella piaga, la nuova Lancia Delta, ribattezzata Lancia Delta 3. Nulla a che vedere con l’antenata degli anni ’80.  
E nulla a che vedere con le vendite che la Delta ebbe nella sua prima edizione.

Ecco i dati* delle vendite delle 2 Delta a confronto per i primi 4 anni di produzione.

Delta 1
numero di vendite 
Delta 3
 numero di vendite
1979
6.667
2008
9.474
1980
57.128
2009
20.293
1981
49.611
2010
16.846
1982
44.939
2011
non ancora disponibile

P.s.
Specifico che la Lancia Delta S4 non va confusa con la Lancia Delta. La seconda è appartenuta al Gruppo A. Nacque appunto dallo sviluppo della prima. La Lancia Delta S4 non vinse nessun campionato mondiale di rally mentre la Lancia Delta ne vinse sei, ma solo perché il gruppo B fu chiuso appena 13 mesi dopo che la Delta S4 iniziò ad essere utilizzata per corse di rally.




giovedì 6 ottobre 2011

"Stay Hungry. Stay Foolish"


"Siate affamati, siate folli" Steve Jobs.   

E’ morto un grande uomo.
La sua fama, ormai mondiale, rimarrà in vita per molto tempo.
Le grandi innovazioni immesse sul mercato da Apple sono frutto suo e dei suoi collaboratori più stretti che hanno creato un brand senza competitori veri.
Il Macbook di colore bianco quando tutti i pc erano neri, il computer fisso disponibile in vari colori, l’alluminio come materiale per pc, l’unibody per creare un design unico nel suo settore. 
Ma le innovazioni sono anche in molti altri particolari: lo schermo con il sensore per la luce esterna che varia la luminosità in base al tipo di luce che c’è nell’ambiente in cui si lavora, la tastiera retro illuminata che permette di lavorare anche al buio, il sensore laterale per vedere la carica della batteria anche quando il Macbook è spento, una batteria con una durata, nel tempo, elevata. 
Basti pensare che dopo tre anni, il macbook che utilizzo ha ancora tre ore di autonomia a buoni livelli di utilizzo.

Per non parlare poi della vera arma vincente: creare un computer in cui chi si occupa di software è la stessa impresa che si occupa di hardware: la Apple. Forse questa è la vera marcia in più. Qui non si parla di hardware compatibili, qui il software è sviluppato per un solo tipo di hardware, quello della Apple. 
Qui chi si occupa del design del computer è lo stesso che si occupa di montare l’hardware interno riuscendo così a far entrare in molto poco spazio tutto ciò che gli altri fanno entrare nel doppio dello spazio.
L’unione tra sviluppo hardware e software ha creato quell’efficienza per cui i computer Apple sono famosi: crack quasi inesistenti e possibilità di lavorare al meglio con tecnologie hardware con le quali gli altri competitors fanno solo qualcosa di funzionale.
Alla Apple si costruisce qualcosa di estremamente funzionale. 
Voglio sottolineare appunto che i  vari prodotti Apple non presentano hadware più potenti dei loro competitors anzi spesso montano la stessa ram, gli stessi HD o le stesse schede grafiche, ma avendo uno sviluppo software integrato, riescono a sfruttarlo al meglio.

Oggi il gap si è forse ristretto, l’ Ipad ha dei buoni avversari, lo stesso vale per l’Iphone. Ma nel campo dei computers fissi e portatili la differenza è ancora netta. Al di là di questo, i prodotti della Apple si sono da ormai 15 anni posizionati bene sul mercato per la capacità che l’azienda ha di intercettare le esigenze del mercato prima degli altri. Basti pensare che Jobs lanciò il primo tablet alla fine degli anni ’80, quando era uscito dalla Apple, senza riscuotere nessun successo. Poi quando ci ha riprovato, come CEO di Apple, ha aperto un mercato praticamente nuovo.
Complimenti a Steve Jobs e alla Apple per il lavoro svolto fino ad oggi.
Nella speranza che ci siano più aziende capaci di posizionarsi sul mercato così bene.

P.s.
L’opinione è comunque quella di una persona che ha avuto come primo computer nel 1995 un Machintosh fisso a colori, con floppi disk, e microfono esterno. Roba da archeologia informatica.

Di seguito il suo discorso all'Università di Stanford del 12 giugno 2005.




sabato 1 ottobre 2011

Adinolfi a Oriolo Romano


Pubblico di seguito la lettera con la quale Adinolfi lascia il Pd.
Spesso non sono stato d'accordo con Adinolfi, ma alcuni passaggi sono corretti e l'analisi in alcuni punti è molto vicina a quella di Oriolo Romano.


Caro Bersani, riconsegno la tessera del Pd
28 settembre 2011
Caro Bersani, 

ti scrivo perché dopo una lunga e addolorata fase di riflessione ho deciso di riconsegnarti la tessera del Partito democratico. Lo faccio senza astio, con simpatia e stima per la persona seria che sei, con la convinzione che se domani ci fossero le elezioni sarebbe ancora il Pd il partito che voterei. Ma con la certezza che lo voterei per assenza di alternative e non perché io pensi che questo Pd possa davvero salvare l'Italia dalla condizione disastrosa in cui versa. Poiché mi accorgo di non essere d'accordo con la strategia complessiva del partito, poiché ormai mi sembra un partito intriso di conformismo conservatore, poiché le ultime scelte (dalla partecipazione alla piazza della Cgil, alla ricetta di politica economica e del lavoro, all'orizzonte politico complessivo indicato dalla tua foto recentissima con Di Pietro e Vendola, con annuncio di posti in lista persino per Diliberto) mi vedono disperatamente contrario, non posso che prendere atto di questa distanza e misurarla con responsabilità. Sono un giornalista e mi riprendo completamente quella libertà che un giornalista militante non può avere.

Ho partecipato con entusiasmo all'esperienza fondativa del Pd nel 2007 e ho condiviso pienamente la scelta del partito "a vocazione maggioritaria" che alle elezioni del 2008 ha cambiato il panorama politico italiano riducendo la frammentazione, chiamando gli italiani a una decisa scelta di campo. Volevamo un partito che ibridasse le culture senza annullarle, che fosse sempre più aperto, che si caratterizzasse per il protagonismo delle giovani generazioni. Su questa scommessa io mi sono impegnato in prima persona, candidandomi alle primarie fondative prima e alle elezioni politiche poi.

Quel respiro si è accorciato con le primarie del 2009, ora il Pd è ritornato ad essere il Pds: i cattolici più impegnati nella fede sono stati marginalizzati e costretti ad andare altrove, stessa sorte per il co-fondatore leader della Margherita, molti dei miei amici provenienti dalla cultura del cattolicesimo democratico hanno smesso di fare politica o sono emigrati altrove.

Per le giovani generazioni, poi, si è offerta la trafila appartenenza-fedeltà-cooptazione come percorso a cui ambire, rovinando completamente qualsiasi dinamica di rinnovamento, con la felice eccezione di Matteo Renzi e pochi altri, che si sono affermati avendo contro la quasi totalità dei leader della nomenklatura di partito.

L'apertura del Pd agli altri mondi è stata nulla: mi sono battuto per consentire la candidatura di Grillo alle primarie, ho chiesto il coinvolgimento organico dei radicali e dei socialisti, ho persino promosso l'idea di un referendum sul matrimonio omosex (a cui sono ferocemente contrario) con l'obiettivo di aprire il più possibile le porte e le finestre del partito. Che sono rimaste sigillate e dietro quelle porte si consumano vecchi riti da vecchio Pci che non ha tutta questa voglia di confrontarsi con il futuro e si tiene invece ben stretto un passato che ripiomba sul presente con vicende come quella di Penati, di cui nel Pd si è preferito non discutere provando a far passare l'idea della "mela marcia".

Ma il nodo della mia rinuncia all'impegno militante nel Pd resta l'analisi sbagliata che questa classe dirigente fa dell'essere "di sinistra". Io ho sempre ritenuto che il mio impegno a sinistra fosse motivato dalla necessità di ridurre le diseguaglianze, la più clamorosa delle quali è la diseguaglianza tra le generazioni. Oggi i ventotto milioni di italiani nati dopo il 1 gennaio 1970 hanno un welfare state azzerato dalla bulimia dei loro padri, che hanno avuto tutto: posto fisso, casa di proprietà, rendimenti da titoli del debito pubblico che hanno affossato l'Italia, scatti di anzianità, scivoli previdenziali, pensioni baby, pensioni di anzianità, pensioni di vecchiaia che nel 27.8% dei casi sono di gran lunga superiori al salario medio.

Oggi i ventotto milioni di italiani nati dopo il 1 gennaio 1970 sono preda della più alta disoccupazione giovanile di sempre, se lavorano sono precari, non possono acquistare una casa propria, pagano il prezzo del debito pubblico, subiscono politiche salariali penalizzanti, hanno una prospettiva pensionistica da povertà assicurata e, se andranno in pensione, ci andranno dopo i 70 anni quando i loro padri ci andavano anche prima dei 50.

L'Italia è spaccata in due: da una parte lavoratori tutelati, pensionati e pensionandi. Dall'altra gli under 40. Il Pd non vuole che sia toccato nulla ai primi e dunque, a parte le chiacchiere solidali, non vuol restituire niente ai giovani.

E' o non è questa la più grande diseguaglianza, la più grave ingiustizia? Nel Pd una classe dirigente novecentesca (e anche molti dei suoi giovani cooptati) rimastica ricette scritte dalla Cgil a tutela dei già tutelati e marginalizza proposte come quelle di Pietro Ichino e di qualsiasi stretta alle pensioni in essere più ricche. Siamo stati addirittura capaci di batterci contro il contributo di solidarietà, finendo per beccarci un aumento generalizzato dell'Iva, tassa che colpisce prevalentemente i ceti meno abbienti e precari. Ormai ragioniamo per schemi e sono schemi che non reggono più la sfida del tempo.

Nel 2007 mi sembrava volessimo costruire un partito adeguato a quella sfida. Oggi la direzione di marcia è un'altra e non mi approvo. Non lascio il Pd per approdare ad altri lidi, che non ci sono. Lascio la politica militante, con dolore, preferendo dedicare il mio tempo all'attività professionale e alle mie figlie che crescono in un'Italia che dà i brividi. Tornerei ad impegnarmi nel Pd solo se vedessi possibile l'alzare la testa dei più giovani, in conflitto con voi anziani dirigenti che ormai non rappresentate più alcuna speranza. Sosterrei Renzi alle primarie, insomma. Ma non mi entusiasma questa ordinaria amministrazione. Per cui lascio.

Lo faccio nei giorni in cui si torna a parlare di unità politica dei cattolici. Vedi, caro Bersani, avevo già scritto una lettera simile a questa nel 2001, dieci anni fa: al segretario del mio partito di allora, il Ppi, contestavo l'idea di avviare un processo di scioglimento che avrebbe significato annessione al Pds. Nel 2007 avevo sperato di essermi sbagliato. Oggi mi accorgo di aver avuto vista lunga. Mi dispiace, ma io non ero iscritto al Pds allora e non voglio essere iscritto al Pds oggi. Forse davvero avremmo dovuto essere più coraggiosi e non cedere a chi volle frantumare il cattolicesimo politico fino a renderlo irrilevante. Ma è un discorso che approfondirò altrove, nell'attività pubblicistica che spero vorrai seguire.

Ho scritto fin troppo. Resta solo lo spazio dei saluti, che sono cordiali e senza alcun rancore. Ma un Pd così non è una speranza per il paese. Spero che tu te ne renda conto, che tu possa rinunciare dunque all'idea di candidarti premier, lasciando spazio a una nuova generazione di leader democratici non cooptati e aperti, che sul territorio a macchia di leopardo si sta formando. A loro darò una mano volentieri. A te potrei dare solo il mio voto, ma senza la convinzione di vedere grazie a te cambiare l'Italia, perché l'Italia del futuro possibile tu non sai immaginarla. Non è colpa tua, ma dopo la rapina subita dalla mia generazione io di un politico sessantenne non mi fido più.

Con sincerità

Mario Adinolfi